Questo ritaglio è di una copia del Corriere
dei Piccoli del 1946, al suo 38° anno di presenza nelle edicole, che a pagina 8
riporta il 7° episodio delle “Mirabolanti avventure di mozzo Merendina” di Ernesto
Ambrosi.
Il Corrierino, una pubblicazione speciale
dedicata all’infanzia stampata dal 1908 sino al 1995, appariva settimanalmente
nelle edicole come supplemento del Corriere della Sera e aveva in scuderia sin
dall’inizio firme illustri, tra scrittori, fumettisti e disegnatori: da
Giovanni Marotta a Sergio Tofano, padre del mitico Signor Bonaventura e, dagli
anni 40 ai 60, Dino Buzzati, Gianni Rodari, Italo Calvino: fu una pietra
miliare nella storia della alfabetizzazione del Paese e nella creazione
dell’immaginario collettivo delle nuove generazioni.
Il giornalino era dedicato, ovviamente, ai
rampolli della borghesia italiana che leggeva e si identificava nel Corriere e col
fascismo divenne strumento di propaganda fascista secondo le impostazioni del
Governo che prescrivevano, per una pedagogia da Balilla, la retorica del piccolo eroe italico pronto a combattere
(e a morire eroicamente) su ordine del Duce.
Il giornalino quindi si riempiva di piccoli
eroi combattivi, navigatori, esploratori delle Afriche, viaggiatori, secondo la
retorica dei santi poeti e navigatori della precettistica di regime proprio mentre
il Duce compiva le sue atroci campagne d’Africa. Ambrosi, autore prolifico di testi per bambini, provvedeva, solerte, a infilare propaganda fascista finanche nel tradizionale mite mito della Befana.
Si noti la gioia del bambino-balilla per il moschetto-dolcetto e,
manco a dirlo, il volto buono (sic!) del Duce.
Negli ultimi mesi della guerra il Corrierino sospese
le pubblicazioni per tornare in edicole nel 1946; il fascismo era caduto ma gli
autori, come accadde in tutti gangli vitali del Paese, per diversi anni rimasero
per lo più gli stessi di prima, fra cui l’autore delle avventure di mozzo Merendina, improntate ancora alla retorica del piccolo eroe. Mozzo Merendina a
bordo della inverosimile nave Coccodè mette in fuga i corsari capeggiati dal
tristo Comandante Don Pedro Saltapulcios, un
pezzo di tanghero con l’immancabile benda sull’occhio sinistro.
Retorica dell’eroe-bambino
che ha impregnato i libri di scuola fino alla fine degli anni ’60 del 900
quando ancora si narrava di tal Giovan Battista Perasso detto Balilla che
avrebbe scagliato la prima pietra ad avviare una sommossa genovese contro gli Austriaci
nel 1746, personaggio dal cui mito il fascismo aveva tratto il nome Balilla col
quale si indicavano i ragazzini dagli 8 ai 14 anni, in divisa e moschetto (!) schierati
in formazioni paramilitari da parata prefestiva.
Nei libri di lettura degli anni ’60 ancora si
parlava di Balilla, non certo di giovani partigiani, come sarebbe stato ragionevole
e giusto, ma ancora di Balilla, come nel ventennio che si diceva fosse finito.
Non trovo notizie biografiche su Ernesto
Ambrosi, che tuttavia dotato era di immaginazione e di una prosa scorrevole e
semplice, ma si reperiscono facilmente i titoli di alcune delle sue opere
avventuroso-propagandistiche: Il circo equestre, Il mondo degli animali, Bimbi
nella bufera rossa, La spia del sottomarino e, manco a dirlo, Balillin senza
paura, Aquile di Roma, Squadrismo eroico.
Molte di queste opere furono pubblicate dalla
editrice “Carroccio” di Milano, fondata nel 1931 essenzialmente per essere
veicolo di propaganda e formazione fascista per i ragazzi (cfr. Editori a Milano
1900-1945, Repertorio, a cura di Patrizia Caccia, Franco Angeli editore, 2013,
pag. 94).
Lì si scopre anche che la sede dell’editrice CARROCCIO correva a Milano in via Salvini 2.
E tanto ci basta sapere.
Di questi tempi.
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