lunedì 24 settembre 2018

Matera 1973 - Circolo amici del cinema

Andare al cinema di mattina dava un senso di estraneazione.
Dopo la proiezione, uscire nella piena luce di un mezzogiorno domenicale a volte soleggiato, confondeva le idee,  la mente avvezza da sempre, dopo le fantasmagorie di un film ad affondare nel buio della sera con i lampioni, la nebbia invernale, il lastricato umido.
Gli occhi, già arrossati dal fumo di cento sigarette nella platea concava del Cinema Quinto, si serravano prima di riadattare la pupilla al sole. Da via Tommaso Stigliani si scivolava nel Corso a piccoli gruppi per gli ultimi commenti sul film, per uno struscio ridotto fra maxi-cappotti a quadroni, le grosse sciarpe, qualche eskimo, il pacchetto delle paste sul braccio, prima di tornare a casa.
Il cinema. 
In quegli anni la TV di Stato trasmetteva un film il lunedì alle 20,30 sul primo canale e uno al martedì alle 21 sul secondo e, per non togliere pubblico alle sale cinematografiche, mandava in onda solo film abbastanza datati; i cinefili quindi erano i primi a comprare la tessera del Circolo amici del cinema che organizzava la rassegna cinematografica di proiezioni di film d’autore nelle domeniche invernali alle 10 del mattino. Il costo era contenuto e la tessera, autenticata dalla presidente Giovanna Garulli, aveva una impaginazione semplice e di immediato fascino nella sua fragilità cartacea: a volte, estratta cento volte nuda dalle tasche, non arrivava intera al bollino del secondo ciclo.
Non solo cinefili affollavano quegli incontri mattutini nel Cinema Quinto: ragazzi, professori, militanti della sinistra, gente impegnata che si appassionava alle storie, gente che voleva capire. 




Durante la settimana si preparavano i volantini al ciclostile con la scheda critica del film in programmazione. Sono riuscito a conservare quasi mezzo volantino del film del 1969 di Pollack "Non si uccidono così anche i cavalli?", sopravvissuto alla pesante scrematura che il tempo e i traslochi hanno inferto al mio piccolo museo. 
Dopo il film, il mitico Michele Ferrara apriva il dibattito con un suo intervento stimolatore. E si parlava di cinema, di politica, di giovani, di liberazione culturale, di diritti, di borghesia retriva e conservatrice, di Mezzogiorno e di sogno socialista, di un mondo migliore, autentico, aperto: da costruire insieme.
Fra i tanti, ricordo distintamente un cupo film di Marco Bellocchio, “Nel nome del padre” con Renato Scarpa, Lou Castel, Laura Betti ambientato in un collegio maschile orientato alla repressiva educazione cattolica da Controriforma che suscitò un dibattito tanto sentito che ci trattenne nel Cinema sino alle 14, al punto che la maschera venne a cacciarci via che ormai era passata l’ora di pranzo. La discussione proseguì il giorno successivo nell'ora di Storia dell’arte al liceo Duni, con la Prof. Anna Macchioro, intellettuale di prim'ordine, già moglie di Ernesto De Martino, dotata di una cultura vastissima.
Ho ritrovato il film, dopo averlo cercato per anni. Lo tengo su CD da forse 108 anni, ma ancora non ho trovato il giorno giusto per rivederlo. Forse non lo farò mai.
Ma al cinema Quinto di domenica mattina con Andrea Gemma che mi ha prestato questa sua tessera conservata tutti questi anni e con Michele, Giovanna, Pino, i fratelli Ricciutello e i Saponaro, Anna, Gianni e tutti gli altri, ci tornerei. 
Ci tornerei anche subito, a rivederli, quei film. Tutti. 
E a discutere con i compagni.
E a sognare di nuovo quel mondo migliore che si deve essere perso per strada, nella nebbia, all'uscita dopo un vecchio film.






sabato 14 aprile 2018

Quaderni d'epoca fascista - COTONE DELLE NOSTRE COLONIE


COTONE DELLE NOSTRE COLONIE.



Fra le pagine del quaderno non si trovano date, ma si comprende bene in che anni possa essere stato stampato questo quaderno che porta in copertina l’immagine di schiavi neri intenti, come in Alabama, a lavorare nelle piantagioni di cotone.


Neri schiavizzati dagli Italiani che, con le armi, si erano impadroniti dei loro paesi e li costringevano a lavorare sfruttando non solo le loro risorse ma anche le loro donne e le loro vite.


Sfruttamento.


Prima di avviare le piantagioni di cotone, in quelle contrade ci era passato l’esercito, a sedare con lo sterminio ogni resistenza. 

Come già nella Bibbia, anche per il fascismo la schiavitù e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, avevano  una giustificazione ideologica di tipo naturalistico e divino: i neri - discendenti di Cam - sono una razza inferiore e quindi la razza che Dio ha voluto superiore ha il diritto di ridurla in schiavitù e di sfruttarla a piacimento e in caso di ribellione provveder di conseguenza, come ben mostra questa foto d'epoca.







L'aviazione italiana comandata dal generale De Bono, bombardò Adua e Adigrat facendo numerose vittime tra i civili.
L'episodio è registrato nel diario di De Bono, che così scrive:
"Il Negus ha già protestato per il bombardamento aereo dicendo che si sono ammazzati donne e bambiniNon vorranno che si buttino giù dei confetti", scrisse con un cinismo criminale questo fulgido esempio del valore in battaglia.

Per festeggiare il Natale 1935 l’eroico esercito fascista oltre che con migliaia di tonnellate di esplosivi, prese a irrorare le città e le campagne con armi chimiche, bombe all’iprite (solfuro di etile biclorurato), che provocava la necrosi del protoplasma cellulare e conseguente atroce morte per ogni essere vivente.


Embè, quando si dice la razza superiore …





domenica 25 marzo 2018

Schedina totocalcio 1973

Schedina del totocalcio del 18 marzo 1973.

Concorso 30, gestito dal CONI
Non vincente.
Altrimenti non sarebbe qui.
Sul bollo ci sta scritto "DOPPIA" ma non so cosa voglia dire.

Intuisco invece che "figlia" si riferisca al tagliando in mano al giocatore, mentre la matrice rimaneva in ricevitoria.

Giornata di derby glorioso fra Inter e Milan.

La serie A della schedina ha un rimescolamento di squadre rispetto al campionato 1965/1966 del quale ancora ricordo a memoria l'elenco delle formazioni in gara: Atalanta Bologna Brescia Cagliari Catania Fiorentina Foggia Inter Juve Lanerossi-Vicenza Lazio Milan Napoli Roma Sampdoria Spal Torino e Varese.
Avevo 10 anni.
Me le ricordo per via della collezione di figurine della Panini.

Brinda alla fortuna con Peroni, era l'invito dello sponsor, ma non riusciva a battere in fantasia quello della Stock che accompagnava alla radio "tutto il calcio minuto per minuto" negli interminabili pomeriggi di domeniche nei bar di soli maschi, come in un paese arabo.
Le voci arrotanti di Enrico Ameri e Sandro Ciotti erano tutt'uno con le scariche elettrostatiche delle radioline e a fine partite l'annunciatrice dalla radio offriva da bere: "La tua squadra ha vinto? Brinda con Stock 84; la tua squadra ha perso? Consolati con Stock Reserve; ha pareggiato? Grappa Julia".
Senza via di scampo: Stock.
Scusa Ameri, chiedeva la linea Ciotti per una qualche rete segnata all'improvviso, fra le urla dei tifosi sugli spalti, le strida del bar, il clangore dei flipper in funzione, lo schiocco delle stecche sui biliardi a scommessa, lo sprizzar di spume nei bicchieri, i mulinelli e la valanga di palline nei calcio balilla.

Domenica, odor di sigarette e birra, profumo di cialda da gelato, bucce di semi di girasole sputate dappertutto.

Domenica.






lunedì 29 gennaio 2018

Ernesto Ambrosi - Corriere dei Piccoli Mozzo Merendina

Questo ritaglio è di una copia del Corriere dei Piccoli del 1946, al suo 38° anno di presenza nelle edicole, che a pagina 8 riporta il 7° episodio delle “Mirabolanti avventure di mozzo Merendina” di Ernesto Ambrosi.
Il Corrierino, una pubblicazione speciale dedicata all’infanzia stampata dal 1908 sino al 1995, appariva settimanalmente nelle edicole come supplemento del Corriere della Sera e aveva in scuderia sin dall’inizio firme illustri, tra scrittori, fumettisti e disegnatori: da Giovanni Marotta a Sergio Tofano, padre del mitico Signor Bonaventura e, dagli anni 40 ai 60, Dino Buzzati, Gianni Rodari, Italo Calvino: fu una pietra miliare nella storia della alfabetizzazione del Paese e nella creazione dell’immaginario collettivo delle nuove generazioni.
Il giornalino era dedicato, ovviamente, ai rampolli della borghesia italiana che leggeva e si identificava nel Corriere e col fascismo divenne strumento di propaganda fascista secondo le impostazioni del Governo che prescrivevano, per una pedagogia da Balilla, la retorica del piccolo eroe italico pronto a combattere (e a morire eroicamente) su ordine del Duce.
Il giornalino quindi si riempiva di piccoli eroi combattivi, navigatori, esploratori delle Afriche, viaggiatori, secondo la retorica dei santi poeti e navigatori della precettistica di regime proprio mentre il Duce compiva le sue atroci campagne d’Africa. Ambrosi, autore prolifico di testi per bambini, provvedeva, solerte, a infilare propaganda fascista finanche nel tradizionale mite mito della Befana. 
Si noti la gioia del bambino-balilla per il moschetto-dolcetto e, 
manco a dirlo, il volto buono (sic!) del Duce.
Negli ultimi mesi della guerra il Corrierino sospese le pubblicazioni per tornare in edicole nel 1946; il fascismo era caduto ma gli autori, come accadde in tutti gangli vitali del Paese, per diversi anni rimasero per lo più gli stessi di prima, fra cui l’autore delle avventure di mozzo Merendina, improntate ancora alla retorica del piccolo eroe. Mozzo Merendina a bordo della inverosimile nave Coccodè mette in fuga i corsari capeggiati dal tristo Comandante Don Pedro Saltapulcios, un pezzo di tanghero con l’immancabile benda sull’occhio sinistro. 

Retorica dell’eroe-bambino che ha impregnato i libri di scuola fino alla fine degli anni ’60 del 900 quando ancora si narrava di tal Giovan Battista Perasso detto Balilla che avrebbe scagliato la prima pietra ad avviare una sommossa genovese contro gli Austriaci nel 1746, personaggio dal cui mito il fascismo aveva tratto il nome Balilla col quale si indicavano i ragazzini dagli 8 ai 14 anni, in divisa e moschetto (!) schierati in formazioni paramilitari da parata prefestiva. 
Nei libri di lettura degli anni ’60 ancora si parlava di Balilla, non certo di giovani partigiani, come sarebbe stato ragionevole e giusto, ma ancora di Balilla, come nel ventennio che si diceva fosse finito.

Non trovo notizie biografiche su Ernesto Ambrosi, che tuttavia dotato era di immaginazione e di una prosa scorrevole e semplice, ma si reperiscono facilmente i titoli di alcune delle sue opere avventuroso-propagandistiche: Il circo equestre, Il mondo degli animali, Bimbi nella bufera rossa, La spia del sottomarino e, manco a dirlo, Balillin senza paura, Aquile di Roma, Squadrismo eroico.

Molte di queste opere furono pubblicate dalla editrice “Carroccio” di Milano, fondata nel 1931 essenzialmente per essere veicolo di propaganda e formazione fascista per i ragazzi (cfr. Editori a Milano 1900-1945, Repertorio, a cura di Patrizia Caccia, Franco Angeli editore, 2013, pag. 94).

Lì si scopre anche che la sede dell’editrice CARROCCIO correva a Milano in via Salvini 2.
E tanto ci basta sapere.
Di questi tempi.  
d

giovedì 25 gennaio 2018

la poesia del fazzoletto


i ffàzzoletto
dìc al bambìno
ùsami spèsso per il tùo nasìno 
nàso pulìto stà bèn assài
con il mòcc' al nàso
no' mmi piàcerài.
-------------
questo mi insegnavano e questo mi ricordo.
a memoria.
parola per parola.
come fosse ieri.
Senza errori.
se mi avessero insegnato la fisica nucleare
la fisica nucleare ricorderei
a memoria
parola per parola
come fosse ieri.
Invece mi insegnavano anche: 
angelo diddìo che sei il mio custode
illumina-custodisci-reggi-governa-me
che ti fui affidato dalla pietà celeste
eccosìssìa.
E questo mi ricordo:
l'angelo custode
e che ho da esser custodito
retto e governato 
guidato confessato e illuminato,
e questo ho imparato:
il pater l'obbedienza e il gioco della palla.
Se mi avessero insegnato a essere libero
sarei uomo libero pensatore,
sottratto alla pietà celeste
lontano dalla sottomissione gialla
privo dell'ignavia viola
che m'assimila m'amàlgama m'omologa
m'affoga.
sottomesso, m'aggreg'al gregge cordogliante
fiero della mia stessa prigionia 
gloriandomi delle stìmmate che il giogo
imprime sull'ingobbita schiena
e dell'esser come tutti gli altri prono ai potenti.
Se mi avessero insegnato la fisica nucleare
la fisica nucleare ricorderei
parola per parola
come fosse ieri.
I miei maestri erano come me:
mi insegnavano quel che sapevano:
se gli avessero insegnato la fisica nucleare
la fisica nucleare avrebbero saputo,
a memoria
parola per parola
come fosse ieri.
E insegnato.

(w/cody)

mercoledì 17 gennaio 2018

MM = Matera Metropolitana

Le strade di Matera sono ingolfate dal traffico. 
Il forestiero che arrivasse in città direbbe che Matera ha bisogno di una linea interrata con la quale far spostare cittadini e visitatori da una parte all'altra della lunga città, così da limitare il traffico di superficie allo stretto necessario.
Ma subito il forestiero smetterebbe di sognare perché, penserebbe fra sé: “Di questi tempi, chissà quanto può costare una tratta sotterranea e con quali soldi mai la potrebbero realizzare? Peccato però: una "underground" metropolitana farebbe risparmiare un sacco di tempo e di denaro alla città”.
Il tapino ignora, forestiero com'è, che la tratta sotterranea invece esiste già, è stata costruita quasi 50 anni fa.
La metropolitana materana ospita trenini di linea extraurbana ma, inspiegabilmente, non eroga servizio urbano. 
Informato dei fatti, il forestiero è confuso.
Riepiloghiamo”, dice fra sé e sé: “dunque, la città è lunghissima, gli autobus non si riesce a prenderli, la metropolitana c’è ma non funziona, chi non è un commerciante paga un sacco di multe per la sosta, e insieme la città è zeppa di autoconcessionarie, di autoricambi, di autoscuole, di assicurazioni, di uffici pratiche auto e poi di benzinai, gommisti, elettrauto, lucrosi parcheggi a pagamento, carrozzieri, saloni dell'usato… “
Il nostro forestiero, si toglie il berretto, si gratta perplesso la zucca e si domanda: “Che non ci sia un nesso fra questi fenomeni? In superficie il caos, sotto l'urbe corre una linea metropolitana inutilizzata e in città prospera il business dell’auto e del suo indotto”.
C’è un mistero in questa città, pensa fra sé il forestiero.



Ecco qui un reperto culturale-storico-demo-antropo-archeologico di assoluto pregio e rarità.
Si tratta di un orario ferrotramviario!
Proprio così: ferrotramviario di Matera risalente ai primi anni ‘90 quando la grafica in città cresceva sugli alberi e l'edonismo reaganiano declinava anche sulla nostra penisola.
Nella sua splendente evidenza è l’orario dei percorsi del 
Metrò di Matera del 1992. 
Guardate! Non è incredibile? 
È fantastico: 5 minuti ! Da Villa Longo al Centro, 5 minuti di percorso: cinque minuti! 
Invece ci tocca andarci con la macchina; il pullman bisogna scoprire prima a che ora passa, ogni quanto tempo, a che ora arriva e prima ancora occorre una lunga caccia al biglietto. Comprarlo a bordo non è possibile: eh! sarebbe troppo facile!
In auto a certe ore ce ne vogliono 30, di minuti e in coda, a consumare benzina, gomme e freni e ad appestare l'aria che respiriamo.
Per non parlare del parcheggio, che manco a pagarlo.

Ma cosa lo stamparono a fare questo cartoncino delle illusioni?
Quando costruirono la stazione di Lanera, con grande gioia del costruttore, per giustificare la forte spesa spiegarono che lo facevano per noi cittadini (come le piste ciclabili dei giorni nostri: nel nostro esclusivo interesse) e così dopo le opere edili, per accrescimento informativo, commissionarono anche lo speciale design e fecero stampare il pregiato orario qui riprodotto che, in migliaia di copie, invase la città e la provincia.
Qualcuno ricorda che la MM abbia mai funzionato?
Non importa, ma l’artistico compendio con ben 38 immaginarie corse quotidiane ebbe sicuramente diffusione con considerevole gioia anche del tipografo.
E in fondo, questo è il compito degli amministratori: dare gioia ai cittadini. Beh, non a tutti, si intende.




venerdì 12 gennaio 2018

PELE' - Quaderni scolastici del '900


Negli anni '50 e '60 del secolo scorso esistevano collane di quaderni con funzione educativa. 
Spicca nella collana dedicata allo sport, assieme a Zeno Colò Olimpionico in discesa nel 1952, la breve agiografia di PELE' - Edson Arantes do Nascimento che viene definito un NEGRETTO di appena 18 anni, "autoritario" e smaliziato. 
un negretto...
A quei tempi non avevano ancora cominciato, i benpensanti, a mettere al bando le parole come negro, spazzino, sordo e beccamorto. Sui quaderni di oggi continuiamo a trovare le agiografie di quei benefattori dell'umanità che sono i giocatori di palle, ma non ci troviamo più la parola NEGRETTO: il termine sembrerebbe dispregiativo. 
Il Pelè rimane nero ma oggi bisogna dire "Afro", oppure "abbronzato" anzi, meglio dire: "diversamente bianco", così è politicamente più corretto e nessuno si dispiace del suo stato.
A pensarci: per Zeno Colò non gli veniva in mente di scriverci "bianco" o pallido e neppure "diversamente nero". Colò era normale, diamine, e se uno è normale, è normale, non c'è bisogno di precisare. 
Per uno sfortunato non bianco, invece, bisogna precisare il suo stato effettivo così che la bravura diviene un merito ulteriore, vista la menomazione pigmentaria. 
Vedi Pelè? ci ha avuto la disgrazia che è negretto, però come scalcia bene.

Ma oggi tutto è cambiato, non siamo più negli anni '50 del '900, oggi la gente è disinibita e dagli spalti di quei postacci che sono divenuti gli stadi, la peggior gente sfoga le frustrazioni sociali e la pochezza culturale gridando "dagli al nero" a dimostrazione che certe menomazioni - che credevamo debellate - sono invece molto più diffuse di quanto si pensi e traboccano in questi giorni da ogni dove, per esempio: l'imbecillità.